Piccola Fenomenologia delle App di Incontri: Esperienze e Riflessioni
- Vivere a vista
- 21 feb
- Tempo di lettura: 5 min
Sono ormai quattro anni che utilizzo le dating app. Dopo essermi lasciato dalla mia fidanzata, ho iniziato a usare le dating app per conoscere nuove ragazze. In seguito, a causa del Long Covid, divennero uno strumento per mantenere i contatti con il genere umano. Passando le giornate in casa, senza energie per uscire, potevo interagire con nuove persone.
Esperienze interessanti
Ho conosciuto numerose donne: molte online, poche dal vivo. Alcuni di questi incontri sono stati utili per comprendere meglio alcuni lati della mia personalità.
Uscii con una donna di Milano, mia coetanea. La nostra chat fu subito piacevole: ci scrivevamo tutti i giorni e c’era molta sintonia. Così passammo allo step successivo. Andai a Milano e ci incontrammo un sabato pomeriggio. Mi accompagnò a vedere City Life, che non avevo mai visitato.
Mi raccontava del quartiere con entusiasmo: ci andava spesso, ne amava i palazzi, i parchi. Per lei, che si era trasferita a Milano dalla Campania per studiare all’università, quel pezzo di città rappresentava uno sguardo fiducioso verso il futuro. Mi portò in Piazza Gae Aulenti: quando arrivammo, le brillavano gli occhi dalla gioia.
Poi ci spostammo in Corso Como per un aperitivo. Da tempo non vivevo un pomeriggio così piacevole, fatto di chiacchiere e sorrisi.
Si era fatta ora di andare a cena, così ci avviammo verso la mia macchina. Camminavamo fianco a fianco. Le nostre mani si toccavamo continuamente. Ci fermammo e le diedi un bacio, che ricambiò. Che emozione, era da tanto tempo che non accadeva!
Avevo prenotato un tavolo in un ristorante vietnamita che conoscevo. Ci godemmo dei piatti deliziosi, che facevano da contorno ai nostri discorsi.
Si era fatta ora di rientrare. La accompagnai a casa e, una volta arrivati di fronte al cancello del suo condominio, le chiesi un bacio. “Uno per oggi è più che sufficiente!” scherzò. Così ci salutammo e mi avviai a casa.
Continuammo a scriverci e dopo tre settimane organizzammo un altro appuntamento. Sempre a Milano, ma questa volta in un cocktail bar vicino a casa sua. Le comprai un regalo, una tote bag. Era un gadget venduto da un account Instagram che seguivamo entrambi. Lo incartai in un foglio bianco su cui disegnai dei fiori di lavanda, che mi aveva confidato amare molto.
Fare piccoli regali è sempre stato un modo per dimostrare il mio affetto nei confronti delle persone a cui voglio bene. Questa ragazza mi stava regalando momenti piacevoli, che mi aiutavano a superare giornate a volte complicate a causa della malattia.
Quando vide il pacchetto scoppiò a piangere. Piansi insieme a lei. Vivere nella sofferenza mi ha reso molto più sensibile ai sentimenti altrui. È come se la mia pelle si fosse trasformata in un radar. Capta le vibrazioni emesse da chi mi è vicino e le invia direttamente al mio cuore.
Le lacrime lasciarono velocemente posto a un brindisi e a dei sorrisi. Questa volta però le nostre mani non si sfiorarono, lei fu molto attenta affinchè non ci fossero contatti. Ero un po’ confuso, non capivo perché avesse questa ritrosia.

Uscimmo e andammo verso la stazione dove avrei preso il treno per rientrare a casa. La ringraziai e mi limitai a darle un bacio sulla guancia. Questa volta fui io a commuovermi, qualcosa mi diceva che non l’avrei più rivista.
Infatti i suoi messaggi si fecero sempre più radi. Dopo un paio di settimane smisi di scriverle. Che peccato.
Ne parlai alla mia terapeuta, che mi disse una cosa molto interessante. Secondo lei, la mia vita, fatta di solitudine, mi chiedeva di mettere il turbo nei rapporti con le donne. Avevo bisogno di sfruttare ogni secondo della mia esistenza, volevo cogliere il massimo da ogni secondo.
Aveva ragione: riguardandomi indietro, posso vedere che avevo travolto quella donna con un entusiasmo esagerato, che le fece alzare le difese. Non potevo darle torto.
Indagare a fondo nel mio intimo, mi aiutò a superare velocemente quella delusione. Poche settimane più tardi, sempre su una dating app, conobbi una donna che viveva a Piacenza. Ci fu subito feeling. Aveva qualche anno più di me, divorziata con due figli. Aveva un’intelligenza acuta che mi attirava e affascinava.
Ci incontrammo a metà strada, a Cremona. Non conoscevo quella città e mi fece da guida mentre camminavamo tra le chiese e i palazzi. Prima di entrare al caldo in un bar, ci baciammo. Fu molto passionale, non me l’aspettavo.
Infine ritornammo verso il parcheggio dove avevamo lasciato le macchine. Riprendemmo a baciarci. Chi ci vedeva, pensava sicuramente che fossimo due adolescenti. Avevamo la foga di chi non ha tempo per il futuro.
Mi chiese se il giorno dopo volessimo rivederci a Milano. Doveva comprare dei regali per Natale e avrebbe passato la giornata in città. Le dissi di sì, senza esitazione.
Pranzammo in un locale molto carino. Poi camminammo a lungo, parlando un po’ di tutto. Mi fece scoprire molti posti deliziosi. Fui particolarmente colpito dal piccolo giardino botanico di Brera. Una vera chicca.
Ci salutammo di fronte alla sua auto, parcheggiata poco lontano da Piazza Duomo. Ci fu un bel bacio di addio, perché scomparve letteralmente dal giorno successivo. Non ci fu né rabbia né delusione da parte mia. Rimasi sorpreso, senza parole da quello che fu ghosting da manuale.
Poi conobbi l’amore della mia vita, ma questa è un’altra storia.
Il ghosting nelle app di incontri
Come ho già scritto, per me queste applicazioni sono un modo per mantenere contatto con il genere umano, ma se fossi in condizioni normali, non le userei. Tinder, Bumble, Hinge e compagnia bella creano ansia. I profili scorrono nello schermo a velocità impressionante: primi piani, espressioni improbabili, pose in luoghi cool e parole vuote riempiono gli occhi. Il cervello va in sovraccarico e vuole a tutti i costi ricevere like e match.
Si tratta di un vero e proprio salasso emotivo. Poi succede che il match arriva. Si scrivono un paio di messaggi e l’interlocutrice sparisce, ghostando o cancellando la discussione. Nessuna spiegazione. Raramente accade di andare oltre i convenevoli di base.
Credo che questo fenomeno avvenga perché, mentre si chatta, sia possibile vedere altri profili, ovvero altre donne potenzialmente più belle, più intelligenti, più interessanti. Quei volti alimentano la speranza di match più intriganti.
Un po’ come il pop up store che ha aperto a Milano in questi giorni. Il negozio vende pacchi anonimi, al cui interno ci sono prodotti venduti on-line che non sono stati recapitati. Per tot euro ti compri un pacchetto con la speranza di aver fatto il grande affare. La realtà è ben diversa: la stragrande maggioranza delle volte il contenuto è misero oppure si trovano oggetti inutili.
Nel nostro DNA è insita la sfida alla sorte, l’illusione di essere in grado di controllare il nostro destino. Ma non si tratta che di un abbaglio, utile solo ad accecare i nostri occhi.
E voi avete mai usato queste applicazioni? Che ne pensate di questa piccola fenomenologia delle app di incontri?
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